Indice
- Le nuove linee guida padovane sul linguaggio giuridico inclusivo
- Perché adottare un linguaggio giuridico inclusivo?
- Un’evoluzione necessaria nel linguaggio professionale
- Linguaggio giuridico inclusivo: le strategie criticabili e qualche sfida da affrontare
- Il linguaggio giuridico inclusivo come linguaggio di precisione
Le nuove linee guida padovane sul linguaggio giuridico inclusivo
Il Tribunale di Padova e il Comitato Pari Opportunità dell’Ordine degli Avvocati di Padova hanno recentemente presentato delle linee guida innovative per promuovere un uso del linguaggio giuridico inclusivo e rispettoso dell’identità di genere.
Queste linee guida, a mio avviso, rappresentano un importante passo avanti verso una comunicazione più equa e inclusiva, non solo nella redazione degli atti giudiziari ma anche nella comunicazione istituzionale e, in generale, nella comunicazione giuridica-forense.
Perché adottare un linguaggio giuridico inclusivo?
Bisogna partire da un presupposto: il linguaggio non è mai neutro. È lo strumento attraverso cui percepiamo, categorizziamo e comunichiamo la realtà. Ciò è ancora più evidente in ambito giuridico e forense.
Come giustamente sottolineato nelle linee guida, l’adozione di un linguaggio giuridico inclusivo contribuisce a eliminare stereotipi di genere radicati nella nostra cultura, favorendo una rappresentazione equa e rispettosa di tutte le identità.
È un passo piccolo? Forse sì, ma è quello che dobbiamo compiere in questo momento.
L’uso di queste linee guida non cambierà il mondo? Probabilmente non lo cambierà, ma modificherà delle piccole situazioni di ingiustizia che, si spera, pian piano andranno scomparendo.
Un’evoluzione necessaria nel linguaggio professionale
L’adozione della declinazione al femminile per le professioni rappresenta una scelta dirompente e innovativa, capace di segnare un cambio di passo culturale e linguistico.
Termini come avvocata, procuratrice, direttrice e rettore/rettrice non sono solo variazioni grammaticali: sono simboli di una parità che può trovare espressione anche nelle parole, specie da parte del mondo forense che di parole si occupa per professione.
Le linee guida, infatti, sottolineano come queste scelte linguistiche, apparentemente formali, abbiano in realtà un impatto concreto nel rendere visibile e valorizzare la presenza femminile in ruoli apicali e tradizionalmente associati al maschile.
A mio avviso, riconoscere una avvocata penalista o una giudice istruttrice non è solo un atto di precisione, ma un modo per confermare la dignità e il valore delle donne in ambito professionale e giuridico.
La solidità di questa iniziativa trova radici in fonti di spiccata autorevolezza. Vedo citate le raccomandazioni sull’uso non sessista della lingua italiana, opera di Alma Sabatini del 1985, pioniera nel proporre un uso non sessista della lingua italiana. Sono menzionati anche gli studi più recenti di Vera Gheno, sociolinguista di grande fama, volti a dimostrare che il linguaggio non è solo uno specchio della società, ma uno strumento per plasmarla.
Come evidenziato proprio da Gheno,
le parole che usiamo definiscono chi siamo agli occhi degli altri
e, nel contesto giuridico, scegliere di dire procuratrice invece di procuratore contribuisce a normalizzare la presenza femminile nei luoghi decisionali.
È (anche) attraverso queste scelte linguistiche che si costruisce una narrazione inclusiva, capace di riflettere una società in evoluzione e di superare i retaggi culturali da abbandonare.
Linguaggio giuridico inclusivo: le strategie criticabili e qualche sfida da affrontare
Oltre a quelle appena viste, tra le soluzioni presentate nelle linee guida per promuovere un linguaggio giuridico inclusivo, vi sono strategie che meritano attenzione ma che necessitano di ulteriori riflessioni critiche. In chiave migliorativa, si può pensare a qualcosa di diverso rispetto all’utilizzo di alcune espressioni suggerite.
Ad esempio, l’uso di perifrasi prive di riferimenti di genere, come La persona responsabile invece di Il responsabile o Il soggetto indagato al posto di L’indagato, pur rispettando l’obiettivo di inclusività, risulta spesso ridondante e poco naturale.
Allo stesso modo, la forma passiva e impersonale, proposta con frasi come L’istanza deve essere depositata al posto di Gli avvocati devono depositare l’istanza, appesantisce il testo, rischiando di compromettere la chiarezza e la fluidità degli atti.
È necessario a mio sommesso avviso trovare soluzioni linguistiche più agili e meno cacofoniche, capaci di coniugare inclusività, precisione e snellezza. Mi sembra una sfida linguistica tosta, ma affrontabile.
Il linguaggio giuridico inclusivo come linguaggio di precisione
Il linguaggio giuridico è tradizionalmente caratterizzato da precisione e chiarezza.
Come evidenziato nelle linee guida, la necessità di precisione non deve essere in conflitto con l’inclusività. Le strategie suggerite dalle linee guida padovane sembrano mirare a mantenere la coerenza del testo giuridico, garantendo al contempo una comunicazione che rispetti tutte le identità.
L’iniziativa patavina rappresenta un significativo passo avanti nella promozione di un linguaggio giuridico inclusivo. Accogliere queste nuove pratiche non significa solo adeguarsi a una necessità culturale, ma anche contribuire attivamente a una giustizia più equa e rappresentativa.
Sull’utilizzo delle parole, se vuoi leggere di un recente caso in tema di diffamazione a mezzo social, visita questo link.
Per un articolo in tema di maltrattamenti contro familiari e conviventi, ecco qua.
Visiona questo link, invece, per un altro su un caso del tutto padovano.