Illustrazione in stile manga che ritrae un professionista seduto a una scrivania con un laptop, con un’espressione riflessiva. Sullo schermo del computer, simboli di social media si intrecciano con un martello da giudice, a rappresentare il legame tra attività online e implicazioni legali. Lo sfondo combina elementi astratti di un’aula di tribunale, incluse bilance della giustizia, in una fusione tra estetica manga e un tema formale, perfettamente adatto per rappresentare l’approccio moderno e autorevole dello Studio Legale Zampaolo.

Indice

Diffamazione online e responsabilità penale: il caso Rossi e Rete TV Marche

Il 20 novembre 2024 la Corte di Cassazione ha pubblicato la sentenza n. 42553/2024, destinata a chiarire i contorni della diffamazione social e responsabilità penale

Nel 2016, Mario Rossi (pseudonimo, come tutti gli altri nomi di questo articolo) aveva pubblicato sul proprio profilo Facebook un’intervista in cui accusava alcuni media locali, senza apparentemente esplicitarne l’identificazione, descritti come “camorristi”. Egli li accusava, infatti, di comportamenti illeciti volti a estorcere denaro a un’amministrazione comunale. 

Le dichiarazioni, benché non contenessero riferimenti nominativi espliciti, sono state ritenute dalla Corte sufficientemente chiare da identificare Rete TV Marche (nome di fantasia) come destinataria dell’offesa. Questo ha portato alla condanna di Rossi in primo grado e alla conferma della responsabilità civile anche in appello, avverso cui l’imputato ha proposto ricorso per cassazione.

A mio avviso, ciò solleva interrogativi e riflessioni sui limiti della libertà di espressione digitale.

diffamazione online e responsabilità penale: l’individuazione del soggetto offeso

Una delle questioni centrali del caso è stata la individuazione del soggetto diffamato. 

La giurisprudenza stabilisce che, per configurare il reato di diffamazione, l’offesa deve essere rivolta a un destinatario identificabile. Nel caso di specie, la Corte ha confermato che, anche senza un riferimento nominativo esplicito, è sufficiente che il contesto renda possibile identificare il soggetto offeso. 

Come chiarito nella sentenza: 

“Gli elementi contestuali sono sufficienti a garantire la determinabilità del soggetto offeso”

Rete Marche era, infatti, chiaramente la destinataria delle offese via social.

La tutela dell’onore collettivo

La Corte ha ribadito anche che entità collettive, come società e associazioni, possono essere soggetti passivi del reato di diffamazione. Questo riconoscimento amplia il concetto di tutela della reputazione, includendo la dimensione collettiva di soggetti giuridici o di fatto.

Prescrizione del reato e responsabilità civile fra diffamazione online e responsabilità penale

La Cassazione ha dichiarato il reato estinto per prescrizione a gennaio 2024, ma ha confermato la responsabilità civile di Rossi. L’imputato è stato condannato a risarcire 3.500 euro alla parte civile per le spese legali. Questo dimostra che, anche in caso di prescrizione, e quindi impossibilità di addivenire a livello penale di una condanna, le conseguenze civilistiche della diffamazione online e responsabilità legale possono essere rilevanti.

riflessioni sulla responsabilità per diffamazione nell’era digitale

La sentenza n. 42553/2024 evidenzia che, nell’era digitale, la responsabilità per le proprie affermazioni online non può essere sottovalutata. Se da un lato la libertà di espressione è un diritto fondamentale, dall’altro è necessario che sia esercitata con rispetto e responsabilità.

Come ammoniva Kant: 

“La libertà di ciascuno finisce dove comincia quella degli altri.” 

Una regola di equilibrio che, oggi più che mai, deve trovare applicazione anche nei territori inesplorati del mondo digitale.

Se sei interessato ad un articolo in tema di maltrattamenti, clicca qua.

Per un altro, relativo alla truffa, visiona questo articolo.

Per un caso successo in Veneto, raggiungi questo link.

Per un articolo sull’AI nel diritto penale, vai a questo collegamento.