Scena in stile anime raffigurante un controllo militare invernale a Milano: due ispettori scoprono un soldato intento a usare un cellulare all'interno di una garitta. L'immagine cattura il freddo pungente con elementi come la neve, il respiro visibile e le uniformi adatte al clima rigido, sottolineando la serietà della violazione

Indice

Violata consegna e tenuità del fatto: quando la disciplina militare incontra il principio di offensività. Cassazione, I Sezione, n. 33601/2024

La recente sentenza della Corte di Cassazione su un caso di violata consegna e tenuità del fatto rappresenta un’occasione per riflettere sull’applicazione delle norme penali in ambito militare, evidenziando il delicato bilanciamento tra esigenze di disciplina e il principio di offensività. Esaminiamo in dettaglio la vicenda e le implicazioni giuridiche. Sembra proprio che, nel mondo militare, dove l’ordine è legge, anche la più piccola deviazione può trasformarsi in un caso giudiziario che mette alla prova i limiti tra disciplina e giustizia penale.

  • La sentenza sulla violata consegna
  • Cassazione, I Sezione, 4 settembre 2024
  • Reato contestato: Violata consegna ai sensi dell’art. 118 cod. pen. mil. pace
  • Esito del primo grado: Assoluzione per mancanza dell’elemento soggettivo del reato
  • Esito dell’appello: Riforma della sentenza e applicazione dell’art. 131-bis cod. pen. per la tenuità del fatto
  • Ricorso in Cassazione: Rigetto del ricorso, confermando la sussistenza del reato, ma con esenzione dalla punibilità per tenuità

i fatti: militare sorpreso in una garitta durante il servizio di vigilanza

Il caso ha avuto origine il 22 dicembre 2020, quando un militare di servizio presso una sede diplomatica a Milano, nell’ambito dell’operazione “Strade Sicure”, venne sorpreso insieme ad altri due colleghi all’interno di una garitta, mentre erano apparentemente distratti dall’uso dei cellulari. I tre militari, incaricati di vigilare sul Consolato Generale, furono trovati in violazione delle consegne impartite, che imponevano la presenza di un solo militare all’interno della postazione fissa in determinate circostanze, e in ogni caso il divieto di utilizzo del cellulare durante il servizio.

Il militare, insieme ai suoi due colleghi, fu accusato di violata consegna ai sensi dell’art. 118 del codice penale militare di pace, che prevede la reclusione militare fino a tre anni per chi non rispetta le disposizioni imposte per garantire l’efficienza del servizio. A quanto pare, i sottufficiali incaricati di effettuare i controlli avevano rilevato che i tre militari non erano in grado di garantire una vigilanza attiva sul perimetro del Consolato, considerato un obiettivo sensibile.

il primo grado: assoluzione per difetto dell’elemento soggettivo

Il Tribunale Militare di Verona, chiamato a giudicare in primo grado, aveva assolto l’imputato ritenendo che mancasse l’elemento soggettivo del reato. Secondo i giudici di primo grado, il militare aveva agito in buona fede, interpretando erroneamente un presunto ordine del capopattuglia come un’autorizzazione a entrare nella garitta per ripararsi dal freddo della serata, in considerazione del fatto che non aveva completato l’intera formazione specifica per il servizio. La decisione di primo grado aveva quindi riconosciuto che l’imputato non avesse l’intenzione di violare le prescrizioni e che avesse agito senza la consapevolezza di commettere un illecito.

L’appello: la Corte Militare riforma la decisione

Tuttavia, il Pubblico Ministero militare ha presentato appello contro la sentenza di assoluzione, sostenendo che vi fossero elementi sufficienti per configurare il reato di violata consegna. La Corte Militare di Appello ha accolto l’impugnazione, ritenendo che le prescrizioni sulle consegne fossero chiare e che il militare non avrebbe dovuto trovarsi all’interno della garitta insieme ai colleghi, né tantomeno utilizzare il cellulare durante il servizio.

La Corte ha sottolineato che le testimonianze rese dai coimputati, i quali avevano definito i loro procedimenti con messa alla prova e successiva estinzione del reato, non erano attendibili, in quanto miravano a ridurre la responsabilità personale. Al contrario, le dichiarazioni dei sottufficiali ispettori, che avevano sorpreso i militari nella violazione, sono state ritenute più credibili per la loro posizione di terzietà rispetto ai fatti. La Corte ha inoltre evidenziato che la semplice presenza dei tre militari in uno spazio ristretto, come quello della garitta, comprometteva la vigilanza attiva richiesta dal servizio.

Nonostante la riforma della sentenza, la Corte ha comunque applicato l’istituto della particolare tenuità del fatto (art. 131-bis cod. pen.), riconoscendo che la condotta, pur costituendo una violazione, non aveva arrecato un’offesa grave al bene giuridico tutelato, ossia l’efficienza del servizio militare. La non abitualità della condotta e l’incensuratezza del militare hanno portato a escludere la punibilità.

il ricorso in cassazione: la difesa insiste sulla mancanza di offensività della condotta

Di fronte alla decisione della Corte Militare di Appello, la difesa ha presentato ricorso per Cassazione, articolando due principali motivi. In primo luogo, è stata contestata la sussistenza dell’elemento materiale del reato, sostenendo che il dibattimento non aveva provato la presenza del militare nella garitta o l’uso del cellulare. In secondo luogo, la difesa ha argomentato che la condotta non fosse lesiva, poiché non vi era stata alcuna interruzione del servizio di vigilanza, che sarebbe stato comunque garantito.

La difesa ha anche invocato l’applicazione dell’art. 51 cod. pen., sostenendo che il militare avesse adempiuto a un ordine legittimo del capopattuglia, il quale, a causa delle condizioni meteorologiche avverse, avrebbe consentito la temporanea permanenza nella garitta. Tuttavia, la Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, confermando la decisione della Corte Militare di Appello.

cassazione: il reato di violata consegna è configurabile anche senza un danno concreto

La Corte di Cassazione ha ribadito che il reato di violata consegna è un reato di pericolo presunto, il quale si configura con la semplice trasgressione delle prescrizioni imposte al militare. Non è necessario, pertanto, dimostrare un danno concreto, poiché il bene giuridico protetto è l’efficienza e la funzionalità del servizio. La Cassazione ha richiamato precedenti giurisprudenziali, sottolineando che le prescrizioni in materia di consegne militari devono essere rispettate rigorosamente e non lasciano margini di discrezionalità al destinatario.

In merito alle prove, la Cassazione ha confermato l’affidabilità delle testimonianze dei sottufficiali ispettori, ritenendo che le dichiarazioni dei coimputati, già sottoposti a messa alla prova, fossero meno credibili. Anche l’assenza di tabulati telefonici che dimostrassero l’uso del cellulare non è stata ritenuta decisiva, in quanto lo smartphone poteva comunque essere utilizzato per altre funzioni, compromettendo così la vigilanza attiva.

tenuità del fatto: una soluzione intermedia che bilancia disciplina e proporzionalità?

Il riconoscimento della particolare tenuità del fatto rappresenta una scelta significativa, che applica il principio di offensività anche in ambito militare. La Corte ha ritenuto che, sebbene il reato fosse configurabile, le modalità della condotta e l’incensuratezza del militare giustificassero un trattamento meno severo. Questo approccio consente di armonizzare il rigore delle regole militari con la necessità di valutare le peculiarità del caso concreto.

conclusioni: la Violata consegna e tenuità del fatto riflettono l’evoluzione della giurisprudenza militare

La sentenza della Cassazione offre un esempio di come la giurisprudenza militare possa evolvere verso un’applicazione più equilibrata delle norme, cercando di andare oltre la rigidità delle prescrizioni e valutando l’effettiva offensività delle condotte. 

Questo, almeno da una prospettiva squisitamente giuridica, dove la riconosciuta applicabilità dell’art. 131-bis cod. pen. consente di calibrare la risposta sanzionatoria in modo proporzionato, mantenendo al contempo le esigenze di disciplina e sicurezza.

Dall’altro lato, però, emerge la dimensione umana di una vicenda che mette a nudo le rigidità di un sistema in cui il rispetto assoluto delle regole sembra prevalere sul buon senso e sulla comprensione delle situazioni individuali. La punibilità di una condotta formale, seppur di lieve entità, solleva interrogativi sull’equilibrio tra la necessità di ordine e la giustizia sostanziale, lasciando aperta la domanda se, in certi casi, l’intransigenza normativa non finisca per tradire la sua stessa funzione.

Come ammoniva Voltaire, 

“la legge è spesso la ragione del più forte”;

 e quando si arrocca su posizioni troppo rigide, diventa una gabbia che imprigiona la realtà, anziché guidarla verso un’interpretazione più giusta e umana. In un contesto militare, questa gabbia può chiudersi troppo stretta, oscurando la possibilità di valutare la condotta umana per ciò che è realmente: un intreccio di doveri e comprensione delle circostanze.

Ci auguriamo, perciò, che quando si parlerà nuovamente di violata consegna militare e tenuità del fatto, lo si farà mediante un’applicazione pro reo delle norme penali.

Per altri articoli in ambito militare, leggi di questo caso sulla messa alla prova militare.

Avv. Niccolò Zampaolo