
Indice
- Violazione del divieto di avvicinamento: la Cassazione rafforza la tutela delle vittime vulnerabili
- Il caso di violazione del divieto di avvicinamento: i fatti e il contesto
- L’interpretazione della Suprema Corte
- Il bilanciamento tra tutela della vittima e violazione del divieto di avvicinamento
- La violazione del divieto di avvicinamento nel quadro normativo internazionale
- Conclusioni sulla violazione della misura
Violazione del divieto di avvicinamento: la Cassazione rafforza la tutela delle vittime vulnerabili
La recente sentenza della Corte di Cassazione n. 4936/2025 del 6 febbraio 2025 affronta il tema, cruciale nell’ambito della violenza di genere, della violazione del divieto di avvicinamento nei casi in cui sia la vittima a cercare il contatto con l’indagato.
La pronuncia stabilisce un principio fondamentale:
“nelle cause di violenza domestica i diritti dell’aggressore non possono prevalere sui diritti alla vita e alla integrità fisica e psichica della vittima”.
Il caso di violazione del divieto di avvicinamento: i fatti e il contesto
Il Tribunale di Firenze aveva annullato una misura cautelare degli arresti domiciliari ritenendo che “non erano ravvisabili i gravi indizi di reità” poiché “era stata la R.E. ad essersi volontariamente recata a casa del D.M. e perché non si poteva esigere dall’indagato la condotta di allontanamento dalla propria abitazione né, tantomeno, era ravvisabile l’obbligo di allertare le Forze dell’Ordine.”
L’interpretazione della Suprema Corte
La Cassazione ha ribaltato questa interpretazione, evidenziando come l’art. 282-ter c.p.p. introduca:
“una misura che ha la caratteristica di essere mirata alla tutela della singola persona offesa, in favore della quale intende creare un vero e proprio sistema di protezione rispetto a condotte dell’indagato mirate all’aggressione fisica e psicologica. La persona offesa deve potere godere di tranquillità e di libertà di frequentazione dei luoghi e di potersi muovere liberamente con la certezza che il soggetto che minaccia la sua libertà fisica o morale si tenga a distanza.”
Il bilanciamento tra tutela della vittima e violazione del divieto di avvicinamento
La Corte ha sottolineato che “in un contesto caratterizzato da una relazione personale nettamente ‘squilibrata’, anche per lo stato di conclamata vulnerabilità della R.E. (sottoposta ad amministrazione di sostegno), la preoccupazione principale deve essere quella di garantire la incolumità anche ‘contro la volontà della stessa persona offesa’: la volontà della vittima non può, dunque, avere efficacia ‘scriminante’ e/o ‘esimente’ né portata ‘liberatoria’ dagli obblighi.”
La violazione del divieto di avvicinamento nel quadro normativo internazionale
La sentenza si inserisce anche nel contesto della Convenzione di Istanbul e della direttiva UE 2024/1385. Come evidenzia la Corte, numerosi sono “gli interventi legislativi ‘rafforzativi’, tesi alla tutela della vittima vulnerabile” tra cui “la legge del 24 novembre 2023 n. 168 sulla obbligatorietà del braccialetto elettronico nelle misure non custodiali ex artt. 282-bis, comma 6, e 282-ter, comma 1, cod. proc. pen. e l’arresto obbligatorio in caso di violazione.”
La Cassazione richiama espressamente l’art. 55 della Convenzione di Istanbul che prevede come i procedimenti penali continuino “anche se la vittima dovesse ritrattare l’accusa o ritirare la denuncia”, considerando “le modalità insidiose e manipolatorie in cui può svilupparsi la violenza domestica e quella di genere, della condizione di vulnerabilità relazionale (oggettiva o soggettiva) in cui la vittima potrebbe trovarsi.”
Conclusioni sulla violazione della misura
Nel caso specifico, la Corte ha stabilito che
“se non era esigibile la condotta di lasciare la propria abitazione, era, nondimeno, esigibile lo ius excludendi”
L’indagato “ha consentito alla R.E. di entrare nella sua abitazione e l’ha ospitata per l’intera giornata e/o addirittura, verosimilmente, per alcuni giorni.” Il ricorrente ha quindi “scientemente e volutamente stabilito un contatto diretto e ravvicinato con la giovane donna, ‘cooperando’ nella violazione ab initio effettivamente riferibile alla persona offesa e approfittando della situazione venutasi a creare.”
La sentenza rappresenta quindi un importante precedente che chiarisce come “occorra sempre effettuare una corretta valutazione e gestione dei rischi di letalità, di gravità della situazione, di reiterazione dei comportamenti violenti in un’ottica di prioritaria sicurezza della vittima”, anche quando sia quest’ultima a ricercare il contatto con l’aggressore.
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