L'immagine rappresenta una scena in stile retrò anni '50 ambientata in un carcere, dove un uomo e una donna condividono un momento di intimità all'interno di una cella sobria ma dettagliata, con elementi come un letto metallico e una finestra con sbarre. Il contesto evoca il tema del diritto all'affettività per i detenuti, recentemente riconosciuto dalla Corte di Cassazione nella sentenza n. 8/2025. Questa tematica, approfondita nell'articolo dello Studio Legale Zampaolo, intitolato “Sesso in carcere: è un diritto, secondo Cassazione sent. n. 8/2025”, sottolinea l'importanza di bilanciare la dignità umana con le esigenze di sicurezza e disciplina penitenziaria

Diritto all’intimità in carcere. Indice:

Sesso in Carcere: l’intimità intramoenia è riconosciuta come diritto

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 8 del 2025, che si pone sulla scia della storica sentenza n. 10 del 2024 della Corte Costituzionale, ha affrontato il tema dei colloqui intimi tra i detenuti e i propri congiunti, relativo al diritto all’affettività nel contesto della detenzione. Nella sostanza, la Corte di Cassazione ha stabilito che il sesso in carcere è, per i detenuti, un diritto. 

Il caso trattato dalla Cassazione trae origine dal ricorso di Alessandro, detenuto presso la casa di reclusione di Asti, avverso l’ordinanza dell’Ufficio di Sorveglianza di Torino, che aveva dichiarato inammissibile il suo reclamo giurisdizionale.

Sesso in Carcere: mera aspettativa o diritto

La controversia ruotava attorno alla richiesta del detenuto di svolgere colloqui in intimità con la moglie. 

L’ordinanza impugnata aveva qualificato tale richiesta come una “mera aspettativa” e non come un diritto: in sostanza, a detta dell’Ufficio di Sorveglianza, tale aspettativa era priva di tutela giurisdizionale. 

Tuttavia, il ricorrente, citando la sentenza della Corte Costituzionale n. 10/2024, ha sostenuto che il diritto all’affettività è costituzionalmente garantito e che la sua compressione può avvenire solo in presenza di esigenze di sicurezza, ordine o disciplina.

Sesso in Carcere: I riferimenti normativi

Il ricorso si fondava sull’art. 35-bis dell’Ordinamento Penitenziario, che disciplina i reclami giurisdizionali dei detenuti, e sull’art. 69, comma 6, lett. b), dello stesso Ordinamento, relativo alla competenza del Magistrato di Sorveglianza. 

Come già detto, inoltre, veniva richiamata la sentenza n. 10/2024 della Corte Costituzionale, che aveva dichiarato l’illegittimità dell’art. 18 Ord. pen. nella parte in cui non prevedeva la possibilità di colloqui senza controllo visivo per motivi estranei al comportamento del detenuto.

Come affermato dalla Cassazione:

“non può ritenersi che la richiesta di poter svolgere colloqui con la propria moglie in condizioni di intimità, avanzata dal detenuto ricorrente, costituisca una mera aspettativa, essendo stato affermato che tali colloqui costituiscono una legittima espressione del diritto all’affettività e alla coltivazione dei rapporti familiari, e possono essere negati, secondo l’esplicito dettato della sentenza citata, solo per «ragioni di sicurezza o esigenze di mantenimento dell’ordine e della disciplina», ovvero per il comportamento non corretto dello stesso detenuto o per ragioni giudiziarie”

La decisione della Corte

La Corte di Cassazione ha ritenuto fondato il ricorso e ha, quindi, annullato l’ordinanza impugnata e disposto il rinvio al Magistrato di Sorveglianza di Torino per un nuovo esame della questione. 

In particolare, la sentenza ha sottolineato che:

  1. Il diritto all’affettività: i colloqui intimi rientrano tra le espressioni del diritto costituzionalmente tutelato alle relazioni affettive, ai sensi degli artt. 27 e 117 della Costituzione, in relazione all’art. 8 della CEDU.
  2. Le limitazioni al diritto: la privazione di tale diritto può avvenire solo per ragioni oggettive legate alla sicurezza, al mantenimento dell’ordine e della disciplina o al comportamento del detenuto.
  3. La qualificazione del reclamo: la richiesta del detenuto non può essere qualificata come mera aspettativa, ma come diritto tutelabile giurisdizionalmente.

L’attuazione del diritto all’affettività in carcere

A mio avviso, questa innovativa e importante decisione rappresenta, finalmente, dopo più di un anno dalla sentenza della Corte Costituzionale, un altro piccolo passo avanti nel riconoscimento della dignità dei detenuti e del loro diritto a mantenere relazioni affettive. 

D’altro canto, emerge anche la necessità di un adeguamento delle strutture penitenziarie per garantire l’effettivo esercizio di tali diritti, evitando che il rispetto della dignità dei detenuti rimanga solo sulla carta.

Al momento, in Italia, non esistono spazi in Carcere in cui esercitare tali diritti.

In ogni caso, si tratta di una buona decisione. La sentenza n. 8/2025 della Cassazione riafferma con forza il principio secondo cui la detenzione non può annullare i diritti fondamentali della persona. Un monito, dunque, per il legislatore, affinché si impegni all’effettiva tutela di questo diritto, mediante la costruzione o l’adeguamento di spazi, regolamenti, tempistiche per l’esercizio del diritto all’intimità nelle Carceri italiane.

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