Indice
- Abolitio criminis e continuità normativa
- Il contesto normativo: abolitio criminis e continuità normativa
- L’istanza di Roberto al G.I.P. di Rovigo
- La risposta del Giudice dell’esecuzione – G.I.P. presso il Tribunale di Rovigo
- Il ricorso in Cassazione: motivi e controversie
- Il verdetto della Cassazione
Abolitio criminis e continuità normativa
Analizzeremo le osservazioni del Giudice dell’esecuzione del Tribunale di Rovigo e il successivo ricorso in Cassazione, che ha condotto la Prima Sezione alla sentenza n. 23882 del 14 giugno 2024, evidenziando le questioni interpretative legate alla abolitio criminis e continuità normativa tra le disposizioni degli artt. 346 (millantato credito) e 346 bis c.p. (traffico di influenze illecite).
Il caso è quello del Sig. Roberto, cittadino polesano che ha richiesto la revoca della sentenza di condanna in sede di incidente di esecuzione ex art. 673 c.p.p. facendo leva sul principio di abolitio criminis.
Il contesto normativo: abolitio criminis e continuità normativa
Il principio di abolitio criminis trova applicazione quando una norma penale viene abrogata, cancellando la rilevanza penale di una condotta precedentemente illecita.
Tuttavia, la legge può, in alcuni casi, creare una continuità normativa, introducendo nuove disposizioni che coprono la stessa fattispecie illecita con formulazioni differenti.
In queste situazione, come vedremo, la questione si fa complessa, poiché l’interpretazione della giurisprudenza non sempre appare uniforme e scevra da conflitti interpretativi.
L’istanza di Roberto al G.I.P. di Rovigo
Il sig. Roberto, dopo un patteggiamento dinanzi al Giudice per le indagini preliminari (G.I.P.) presso il Tribunale di Rovigo per un reato di millantato credito ex art. 346 c.p., avvenuto con sentenza del 2013, ha presentato istanza di revoca della pena secondo l’art. 673 c.p.p., sostenendo l’applicazione del principio di abolitio criminis, in seguito all’abrogazione della norma nel 2019 tramite la L. 3/2019.
La risposta del Giudice dell’esecuzione – G.I.P. presso il Tribunale di Rovigo
Il Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Rovigo, in funzione di Giudice dell’esecuzione, ha respinto l’istanza, ritenendo che l’abrogazione del reato ex art. 346 c.p. non renda la condotta penalmente irrilevante.
Secondo il G.E., l’illecito rimane punibile ai sensi dell’art. 346 bis c.p., come confermato dalla giurisprudenza prevalente (Sez. 1, n. 23877 del 2021, Rv. 281614; Sez. 6, n. 17980 del 2019, Rv. 275730), e, in alcuni casi, dall’art. 640 c.p., come evidenziato nella sentenza n. 11342 del 2023, Rv. 284567.
Il giudice ha quindi rilevato che “la condotta in esame conserva una rilevanza penale, sia pure sotto un diverso inquadramento normativo,” ritenendo così la richiesta del difensore di Roberto non ammissibile per abolitio criminis.
Il ricorso in Cassazione: motivi e controversie
L’avvocato del Sig. Roberto, non soddisfatto, ha avanzato ricorso in Cassazione, sollevando tre motivi:
- Violazione di legge: Ad avviso della difesa, il GIP ha respinto de plano l’istanza senza udienza in camera di consiglio, contravvenendo all’art. 666 c.p.p., che prevede l’audizione delle parti quando si trattano questioni di merito.
- Continuità normativa: Il ricorrente ha contestato la tesi della continuità normativa tra gli artt. 346 e 346 bis c.p., evidenziando come diversi pronunciamenti della Cassazione abbiano escluso tale continuità. Il ricorrente ha sottolineato che una questione così controversa in giurisprudenza non poteva essere risolta dal GIP senza un approfondimento in udienza.
- Parziale abrogazione: Infine, il difensore ha sostenuto che, laddove esista continuità normativa solo per alcune fattispecie (come il comma 2 dell’art. 346), la revoca della pena dovrebbe quantomeno essere parziale.
Il verdetto della Cassazione
La Cassazione ha accolto il primo motivo del ricorso, giudicandolo assorbente rispetto agli altri, e ha quindi annullato senza rinvio l’ordinanza del GIP di Rovigo.
La Corte ha sottolineato che il giudice dell’esecuzione non poteva disporre una decisione de plano in presenza di una questione giuridica complessa come la continuità normativa, che richiedeva un’udienza camerale.
Secondo la Corte,
“l’omissione dell’udienza costituisce violazione delle garanzie processuali e rende nullo il provvedimento per vizio procedurale”.
Conclusioni riflessive
Il caso del Sig. Roberto offre uno spunto di riflessione sui limiti del principio di abolitio criminis e su come le norme abrogate possano lasciare dietro di sé un’ombra di rilevanza penale.
La Cassazione, annullando l’ordinanza, ha ribadito l’importanza di un approccio giudiziale ponderato, specie in questioni che toccano il cuore della legalità penale.
“La giustizia non deve solo essere fatta, ma deve anche apparire tale”
— a ricordare l’insegnamento di Cesare Beccaria:
“Perché una pena sia giusta, basta che faccia sullo spirito dell’uomo l’impressione della sacra difesa delle leggi, ma se questa si mostra ingiusta, essa diviene nemica della giustizia stessa.”
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