Indice
- Introduzione al caso e contesto: la sentenza della Cassazione e il Tribunale di Treviso
- Motivi del ricorso: omessa notifica e difesa dell’imputato
- La sentenza della Cassazione: decisioni e motivazioni
- Analisi dei principi giuridici: notifiche e assenza dell’imputato
- Conclusioni: diritti dell’imputato e implicazioni della sentenza
Introduzione al caso e contesto: la sentenza della Cassazione e il Tribunale di Treviso
Nel diritto processuale penale moderno, una delle questioni più complesse e pratiche è garantire che l’imputato sia pienamente informato delle fasi processuali che lo riguardano, specialmente quando egli è straniero e non ha piena conoscenza del funzionamento del sistema giuridico italiano. Tali circostanze, come anche l’omessa notifica e difesa dell’imputato, creano difficoltà nella comprensione e nella reale consapevolezza del procedimento da parte dello stesso.
Un recente esempio è la sentenza della Corte di Cassazione n. 39576 del 1 ottobre 2024 , in cui l’imputato extracomunitario ha impugnato la decisione della Corte d’Appello di Venezia, che confermava la sentenza di condanna del Tribunale di Treviso per una serie di reati tra cui tentata estorsione e resistenza a pubblico ufficiale.
L’esito del ricorso stimola importanti riflessioni sull’effettiva conoscenza del processo e sulla legittimità della dichiarazione di assenza.
Motivi del ricorso: omessa notifica e difesa dell’imputato
Il ricorrente, a mezzo del suo nuovo difensore, ha sostenuto tre motivi di impugnazione:
- Omessa traduzione del verbale di elezione di domicilio: l’imputato, cittadino egiziano, ha contestato la presunzione di conoscenza della lingua italiana. L’omissione di una traduzione adeguata del verbale di elezione di domicilio consegnatogli dai Carabinieri ha portato, secondo la difesa, alla nullità degli atti processuali successivi.
- Dichiarazione di assenza: La difesa ha rilevato come l’imputato non avesse mai avuto reale consapevolezza del processo a suo carico, essendo le notifiche state inviate al domicilio di un difensore che aveva successivamente rinunciato al mandato. “Mancava, inoltre, qualsiasi condotta idonea a fare ritenere la volontaria sottrazione al processo”, ha evidenziato il nuovo difensore.
- Mancata notifica della modifica del capo d’imputazione: La difesa ha sottolineato il difetto di motivazione da parte del giudice d’appello su motivi aggiunti rilevanti e del tutto pretermessi dalla Corte d’Appello di Venezia.
La sentenza della Cassazione: decisioni e motivazioni
La Corte di Cassazione ha rigettato il primo motivo, affermando che la conoscenza della lingua italiana poteva essere legittimamente presunta a fronte di elementi concreti come l’attività lavorativa svolta dall’imputato in Italia.
Tuttavia, la Suprema Corte ha accolto il secondo motivo, ritenuto fondato, stabilendo che:
La Corte ha sottolineato che il principio secondo cui “l’assenza non può essere presupposta solo dall’elezione di domicilio presso un difensore” è ben radicato nella giurisprudenza (Sez. U, n. 23948/2019). Di conseguenza, ha ritenuto che la sentenza d’appello dovesse essere annullata.
Analisi dei principi giuridici: notifiche e assenza dell’imputato
Il principio cardine emerso coincide con la necessità di una comunicazione efficace e personale per garantire una effettiva partecipazione dell’imputato al processo.
La Corte ha richiamato la giurisprudenza consolidata secondo cui l’assenza dell’imputato non può essere ritenuta valida se non vi è la prova di un rapporto professionale effettivo con il difensore domiciliatario. “La negligenza informativa del difensore non costituisce di per sé prova della volontaria sottrazione alla conoscenza del processo” (Sez. 5, n. 809/2023).
Questi elementi risultano cruciali per applicare correttamente l’art. 420-bis c.p.p., che oggi, dopo le modifiche introdotte dalla riforma Cartabia, nega la rilevanza decisiva della semplice elezione di domicilio.
Conclusioni: diritti dell’imputato e implicazioni della sentenza
La sentenza della Corte di Cassazione n. 39576/2024 rappresenta un monito sulla necessità di garantire che l’imputato abbia una reale e consapevole conoscenza del processo.
In un sistema giuridico che aspira a tutelare i diritti di difesa, non basta un atto formale per giustificare l’assenza e far andare avanti, in ogni caso, il processo.
La vera giustizia si fonda su un equilibrio tra forma e sostanza, ricordando che, come affermava Giuseppe Mazzini,
“La legge è la forza organizzata della giustizia”.
Per ulteriori approfondimenti sui casi veneti, perché non leggere di questo caso avvenuto a Chioggia, o di quest’altro avvenuto a Rovigo?